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Abi: rischi gravissimi da Basilea 3

di Rossella Bocciarelli

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3 marzo 2010

La nuova normativa sui ratios patrimoniali delle banche, già ribattezzata come Basilea 3, potrebbe portare «gravissimi danni» con riflessi anche per l'economia del paese e inoltre «definire i prezzi per via amministrativa sarebbe un ritorno all'antico». Il presidente dell'Abi, Corrado Faissola, ha colto ieri l'occasione della presentazione di un volume dedicato alla storia dell'Associazione dei banchieri per tornare a chiedere una rimodulazione dei termini di entrata in vigore delle nuove norme e offrire una fisionomia molto assertiva dell'istituzione, rispondendo alle sollecitazioni dell'ex premier Giuliano Amato che aveva chiesto all'Abi di «far uscire la discussione da regole sì e regole no, dando un contributo».

Faissola ha così spiegato che le banche, sebbene intendano collaborare con le istituzioni, sono preoccupate «per una gamma di regole allo studio» e ha ricordato inoltre come le norme di Basilea 3, che impongono un maggior patrimonio, per il sistema bancario italiano possono portare «gravissimi danni con riflessi anche per l'economia del paese». «Il patrimonio - ha aggiunto - è essenziale per fare banca, ma le banche devono essere messe in condizione di poter remunerare il patrimonio». Per il presidente dell'Abi, inoltre «le banche italiane sono entrate nella crisi in una situazione migliore degli altri e vorrebbero uscirne almeno in una situazione analoga».

Le affermazioni di Faissola, peraltro, pur tra le righe e tra le metafore storiche (il volume del quale si discuteva affronta la vita istituzionale dell'Associazione nel periodo compreso fra il 1972 e il 1991 ed è stato presentato dall'a.d. di UniCredit Alessandro Profumo e dal presidente di Dexia-Crediop Mario Sarcinelli) hanno trovato una replica abbastanza netta da parte della Banca d'Italia, che ieri era rappresentata tanto nella sua formazione attuale(il vicedirettore generale Giovanni Carosio) quanto in quella "storica" (l'ex direttore generale di via Nazionale, Pierluigi Ciocca). Carosio, in particolare, ha fatto osservare che «il tema del capitale, anche dopo il primo accordo interbancario di Basilea, non occupava uno spazio centrale nella riflessione delle banche, veniva poco messo a fuoco» lasciando intendere che sull'esigenza di rafforzare la patrimonializzazione, per meglio presidiare la stabilità finanziaria, le resistenze del mondo bancario hanno radici antiche. Quanto a Ciocca, ha spiegato che per evitare le crisi finanziarie future, accanto alla definizione di nuove regole (esigenza sottolineata con forza da Sarcinelli) occorre anche mantenere la «discrezionalità nella supervisione». Ma, oltre alle questioni che attengono a regole, supervisori e mercati, i banchieri presenti ieri hanno parlato un linguaggio molto chiaro anche a proposito dell'Abi del futuro e delle caratteristiche della prossima presidenza (oggi prende il via il lavoro dei cinque saggi per individuare il nome del prossimo chairman che verrà eletto all'assemblea di luglio).

Così l'amministratore delegato di UniCredit, Alessandro Profumo, che ha lanciato il nome di Giuseppe Mussari di Mps in sostituzione di Corrado Faissola, ha rivendicato ieri il ruolo dei grandi istituti e ha bacchettato le piccole banche, ree di aver voluto dividere la categoria proprio nel bel mezzo della crisi finanziaria. Occorre invece, ha spiegato, recuperare la reputazione delle banche, ribadire con forza il loro ruolo di imprese, avere «un ruolo attivo nell'interlocuzione con le autorità che stanno riscrivendo il libro delle regole», garantire la rappresentanza di tutti gli associati, comprese, paradossalmente, le grandi banche, quelle che, pur rappresentando il 60% del sistema creditizio, con la riforma dello statuto, otto anni fa, in modo «lungimirante» e «intelligente» si sono autolimitate e oggi non hanno il peso proporzionale alla loro taglia nella governance di Palazzo Altieri. Sempre ieri, infine, Abi e Tesoro hanno comunicato che in gennaio al sistema delle Pmi è stata assicurata una liquidità pari a 8 miliardi per effetto degli accordi sulla moratoria dei debiti, un miliardo in più rispetto a dicembre 2009.

3 marzo 2010
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